Torna Fashion Revolution Week, la campagna internazionale ideata per chiedere una moda più giusta e più etica, che quest’anno si terrà dal 22 al 29 aprile.
Nel 2023, Fashion Revolution celebra i suoi primi dieci anni: il movimento, infatti, nasce in seguito agli eventi del 24 aprile 2013, giorno in cui avvenne il crollo del Rana Plaza in Bangladesh, un edificio commerciale che ospitava delle fabbriche tessili. Il terribile incidente provocò la morte di 1138 persone e 2500 feriti: quello fu il punto di non ritorno, il momento per gridare a gran voce il bisogno di chiedere una moda più etica, in cui i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici devono essere messi al primo posto rispetto ai profitti.
Purtroppo, in questo momento non è così: infatti, la maggior parte delle persone che lavorano nell’industria tessile, che sono per lo più donne, guadagna salari da povertà, mentre i marchi continuano a incassare enormi guadagni. Essendo il più grande importatore di vestiti al mondo e uno dei maggiori mercati di consumo di moda – con oltre 260 miliardi di euro di vendite realizzate nel 2022 –, l’UE deve affrontare questo modello di sfruttamento.
Fashion Revolution, quindi, ha uno scopo ben preciso: evitare che tragedie come quella del Rana Plaza si ripetano in futuro. Per farlo, chiede ai brand di tutto il mondo maggiore trasparenza e il controllo della loro catena produttiva.
La campagna #WhoMadeMyClothes, con la quale si invitavano consumatori e consumatrici a informarsi sui brand dai quali acquistavano i loro vestiti, è stato il primo strumento per ispirare milioni di persone in tutto il mondo ad agire per restituire dignità a coloro che realizzano i nostri capi.
In seguito, nel 2022, è stato il turno della raccolta firme #GoodClothesFairPay: il suo obiettivo è quello di raccogliere entro un anno almeno 1 milione di firme da cittadini e cittadine dell’UE per chiedere alla Commissione Europea di introdurre una legislazione che aiuti a costruire un sistema moda più equo, in cui i marchi siano responsabili delle persone che realizzano i loro vestiti. Perché un salario dignitoso non è un lusso, è un diritto umano fondamentale.
In Italia, la raccolta firme è accessibile dal sito di Fashion Revolution, promotore della campagna nel nostro Paese: sei ancora in tempo per dare il tuo contributo, perciò fallo qui!
Secondo uno studio pubblicato dalla Ellen MacArthur Foundation nel 2017, più di 300 milioni di persone lavorano nell’industria tessile; di queste, quelle impiegate in lavori a bassa specializzazione e con salari al di sotto della soglia di povertà sono soprattutto giovani donne. L’industria tessile è, secondo il Global Slavery Index (2018), uno dei settori dove con più frequenza le condizioni di lavoro portano allo svilupparsi di situazioni di schiavitù.
L’impatto ambientale dell’industria tessile, la seconda industria più inquinante al mondo dopo quella petrolifera, è altrettanto devastante: ogni anno questo settore utilizza 98 milioni di tonnellate di risorse non rinnovabili e 93 miliardi di metri cubi d’acqua, ogni anno emette 1.2 miliardi di tonnellate di CO2, più di quelle di tutti i voli internazionali e del trasporto marittimo insieme; inoltre, a causa dei sistemi di tintura e trattamento dei tessuti, è responsabile del 20% dell’inquinamento idrico.
Una moda dominata dal fast fashion (la produzione di abiti usa e getta al minor costo possibile) non è sostenibile, né da un punto di vista ambientale né da un punto di vista sociale e umano. I dati sono impressionanti: nel 2015 sono stati prodotti approssimativamente 150 miliardi di capi, e il numero continua a crescere.
Compriamo il 60% in più dei vestiti che compravamo 15 anni fa, ma li indossiamo per la metà del tempo.
Meno dell’1% dei materiali usati nella produzione di abbigliamento viene riciclata in nuovi capi. Secondo le stime riportate dalla Ellen MacArthur Foundation:
Più della metà dei capi di fast fashion prodotti vengono gettati dopo meno di un anno dall’acquisto.
Solo nel Regno Unito, 11 milioni di capi di abbigliamento vengono gettati ogni settimana.
È necessario un cambio di rotta, è necessario sostituire questa cultura dell’usa e getta con la cultura della cura e del riutilizzo.
Per questo la campagna Fashion Revolution è oggi più importante che mai, perché dobbiamo uscire da quest’ottica e chiedere alle aziende trasparenza e rispetto per l’ambiente e per tutte le persone coinvolte lungo la filiera. Un futuro etico e sostenibile per l’industria tessile è possibile.
Anche la nostra Bottega di Verona ha aderito alla campagna, vieni a trovarci dal 22 al 29 Aprile dove potrai vedere la nostra collezione di moda etica per la primavera/estate 2023.
Vieni a scoprire perchè la nostra moda si definisce appunto etica, e per l’occasione riceverai un piccolo omaggio!
Se vuoi sapere di più sulla nostra collezione di moda etica, clicca qui