Nell’immaginario collettivo, le giornate invernali sono fatte per rimanere dentro casa, a rilassarsi sul divano, con una coperta avvolta intorno, un libro sulle gambe e tra le mani una tazza fumante di tè, di infuso o di tisana. Se poi dalla finestra si vedesse anche scendere la neve, il quadretto sarebbe al completo!
Ma se riguardo il meteo non abbiamo voce in capitolo, possiamo comunque fare una scelta in merito al contenuto della nostra tazza fumante.
Allora, decidiamo di riempirla di rispetto e sostenibilità: scopriamo insieme la linea di tè, tisane e infusi equosolidali di Altromercato!
Partiamo dalla prima caratteristica che si nota quando ci troviamo davanti un prodotto di questa linea: le confezioni e i cofanetti sono tutti riciclabili o persino riutilizzabili!
Infatti, la maggior parte dei packaging è 100% plastic free e, mentre alcuni sono fatti in carta, altri sono cestini artigianali in fibra naturale, come quelli in foglie di palma intrecciate contenenti Tè Nero o Verde dallo Sri Lanka o, ancora, sono contenitori in legno o latta, come nel caso delle Selezioni di Tè Aromatizzati dall’India.
Sia i cestini che i contenitori possono acquisire nuova vita e diventare dei pratici portaoggetti.
Una volta aperte le confezioni, scopriamo che anche ciò che è all’interno è sostenibile a livello ambientale: sia i prodotti in filtri che quelli sfusi sono compostabili.
Poi, oltre a quello che si vede, anche ciò che c’è dietro la produzione avviene nel rispetto dell’ambiente e del pianeta: i gusti e i profumi che questi tè e tisane sprigionano derivano da ingredienti naturali, coltivati e raccolti in luoghi quali, ad esempio, gli altipiani delle Ande Boliviane (come l’Infuso di ananas), le pendici dell’Himalaya (da dove vengono i Tè Nero e Verde, anche deteinati) o in regioni del Kenya (terra d’origine dell’Infuso al Carcadè).
E c’è di più: in alcuni casi, come negli Infusi al cacao Choko, si utilizza un sistema di economia circolare, poiché viene data nuova vita alle scorzette esterne delle fave di cacao tostate, che normalmente vengono gettate in quanto non impiegabili nella lavorazione del cioccolato.
A non essere impiegati in questa linea, invece, sono gli aromi artificiali. Al contrario, vengono preservati gli effetti benefici degli ingredienti naturali e i diritti di ciascun lavoratore coinvolto nella produzione di questi tè, tisane e infusi.
Come in ogni filiera in cui è coinvolto Altromercato, anche in questa ai produttori è riconosciuto un prezzo giusto.
Inoltre, la coltivazione e la vendita di tè rappresentano un’opportunità di sviluppo per molte comunità locali che vi fondano la propria economia.
Per esempio, l’Infuso ai frutti di bosco e la tisana Respiro condividono un produttore comune, ovvero l’organizzazione UPPM, proveniente dalla Bosnia Erzegovina e composta da 85 famiglie della zona di Prijedor, fortemente colpita dalla guerra negli anni Novanta.
UPPM conta tra i suoi soci persone in situazioni di fragilità (come vedove, madri con figli, famiglie disoccupate, con più di tre figli, eccetera) e offre loro la possibilità di coltivare lamponi, mirtilli e more e di raccogliere erbe spontanee come mezzo di sussistenza di lungo periodo.
Così, i soci lavorano rispettando la stagionalità di questi frutti ed erbe e la prima essiccazione avviene nelle mansarde delle loro case, e perciò in maniera del tutto naturale.
Anche per i produttori dell’Infuso al rooibos questo lavoro rappresenta uno strumento utile al loro sostentamento e alla loro indipendenza. Stiamo parlando della cooperativa Heiveld, operante in Sudafrica e nello specifico nel Suid Bokkeveld, terra di cui gli abitanti dicono: “This is not an easy place to survive”, ovvero “Questo non è un posto facile in cui sopravvivere”.
La gente del Suid Bokkeveld, discriminata a causa del colore della pelle, ha trascorso gli anni del colonialismo e dell’apartheid ai margini della società.
La fine di questi ultimi ha segnato un’importante svolta sociale, ma il contesto regionale isolato è rimasto carente di servizi e infrastrutture.
Infatti, sebbene la discriminazione razziale fosse ufficialmente terminata, permaneva quella economica: l’élite bianca che controllava l’accesso al mercato aveva quasi il monopolio del commercio del rooibos e imponeva prezzi infimi ai produttori.
Per i piccoli coltivatori di rooibos unirsi in cooperativa ha costituito un cambiamento radicale. Così, Heiveld è nata su loro iniziativa nel 2002 e ha comportato non solo un aumento significativo di entrate, ma anche una garanzia di dignità, democrazia interna e un solido progetto di imprenditoria sociale.
Storie come queste di buone pratiche ambientali e sociali, riguardanti i tè, le tisane e gli infusi Altromercato, ce ne sono davvero tante.
Se vuoi leggerne altre, qui ne puoi trovare alcune.
Altrimenti, scoprile facendo un salto nelle Botteghe Le Rondini e provando i prodotti di questa linea: i pomeriggi invernali di puro relax ti aspettano, e così anche noi! A presto!
Armstrong Knitting Mills è un’azienda del settore tessile che ha sede in India, nello specifico da Tiruppur, nel Sud del Paese.
Nelle Botteghe, la presenza di Armstrong Knitting Mills si concretizza nelle magliette in cotone biologico realizzate proprio da quest’azienda.
Armstrong Knitting Mills è nata nel 1969: proprio nello stesso anno in cui l’astronauta statunitense Neil Armstrong è diventato il primo uomo a mettere piede sulla Luna. Proprio da questo infatti deriva il nome scelto dai produttori indiani per denominare la loro realtà del tessile, destinata a compiere grandi imprese proprio come l’uomo al quale rende omaggio.
Infatti, ad oggi Armstrong Knitting Mills lavora ormai da più di cinquant’anni e conta circa duemila dipendenti.
La sua capacità produttiva è di 7 tonnellate di tessuti al giorno, e riesce a stampare circa 15.000 pezzi al giorno.
Insomma, non si tratta esattamente di un piccolo produttore, e tuttavia non è neanche la canonica “grande azienda” alla quale siamo abituati a pensare.
Questo perché Armstrong Knitting Mills lavora seguendo criteri etici e sostenibili, tali da renderla adatta a collaborare con il Commercio Equo e Solidale.
Tra questi comportamenti virtuosi dell’azienda possiamo citare:
Insomma, Armstrong Knitting Mills mette in pratica una serie di accorgimenti atti a migliorare sia la vita delle persone che vi lavorano, ma anche la vita del nostro pianeta, e di conseguenza la nostra, come persone.
E la sua è una missione in corso, poiché l’azienda continua a investire nell’aggiornamento e nell’innovazione al fine di essere sempre più sostenibile: il prossimo obiettivo è diventare una realtà a emissioni di carbonio e di gas serra pari a zero!
Sul sito di Armstrong Knitting Mills puoi trovare la sezione con tutte le foto delle loro attività, dei progetti e delle strutture di lavoro. Clicca qui per guardarle!
Sapevi che il Vice-Presidente di Armstrong, Arunachalam Nayaranasamy, è venuto in Italia ed è passato nella nostra Bottega di San Giovanni Lupatoto per incontrarci?
Il cambio di stagione è il momento buono per agire e prenderci cura del cuoio capelluto e dei capelli.
Ma come fare?
La linea capelli Natyr Bio di Altromercato è stata ideata per rispondere alle esigenze di tutti i tipi di capelli, che siano essi secchi e fragili, grassi, spenti o crespi.
Tutti i prodotti della linea sono biologici e contengono basi lavanti di origine vegetale. Inoltre, sono in confezioni di PET 100% riciclabile (o riciclato) e non contengono microplastiche. Questo perché le microplastiche sono una delle principali fonti di inquinamento dei mari e degli oceani e la loro assenza è fondamentale per dei cosmetici ecologici e attenti all’ambiente.
Ogni prodotto capelli Natyr è composto da oltre il 50% di materie prime dalle filiere etiche e sostenibili di Altromercato, impegnate nel rispetto e la tutela dei piccoli produttori del Sud del mondo, che instaurano con Altromercato delle relazioni economiche solide e durature.
I flaconi di shampoo e balsamo Natyr sono anche ecologici: sono prodotti in PET e PE riciclati e hanno un’alta biodegradabilità.
Ma Natyr ha pensato anche a una linea per capelli senza flacone: shampoo e balsamo solidi, per una doccia plastic-free! Se vuoi conoscerli meglio, li trovi in questo articolo (e in tutte le Botteghe!).
Si sa, i capelli non sono tutti uguali. È importante perciò capire quali sono le esigenze dei nostri capelli e utilizzare dei prodotti specifici per prendercene cura in maniera adeguata.
Se i tuoi capelli sono secchi e fragili, e hanno bisogno di una profonda idratazione, perfetta per te è la linea a base di aloe vera e riso prodotta da Spftc (Asia).
Questa linea, idratante ma allo stesso tempo delicata, unisce l’effetto addolcente dell’amido di riso con quello super idratante e rigenerante dell’aloe vera.
Il pack raffigurato in questa foto è vecchio ed è già stato sostituito da quello ecologico.
Se i tuoi capelli sono spenti, opachi e privi di lucentezza e vuoi donare loro la giusta vitalità, l’ideale è la linea a base di olio di argan e figue de barbarie, prodotti in Marocco, da Targanine.
L’Argan ha proprietà in grado di rilasciare al capello dei principi attivi che lo nutrono e lo rendono più morbido. Questo trattamento è ideale per molte tipologie di capello, ad eccezione di quelle a tendenza mista (perché risulterebbe troppo “pesante”).
Gli estratti naturali di questa linea sono stati scelti anche per la loro capacità di proteggere i capelli dai raggi UV, rendendoli più lucenti e illuminandone ed esaltandone il colore.
Il pack raffigurato in questa foto è vecchio ed è già stato sostituito da quello ecologico.
Si tratta di capelli che hanno un eccesso di sebo, e questo li rende più pesanti e unti, spesso con un eccesso di forfora.
In questi casi, la linea a base di tè verde e mate è la più indicata, perché lo shampoo è pensato per non essere troppo aggressivo sul capello e non ne altera drasticamente l’equilibrio.
Il mate è una pianta originaria del Brasile, con proprietà riequilibranti e rinfrescanti per la cute. Insieme alla funzione purificante e sebo-regolatrice del tè verde, dona ai capelli e alla cute una pulizia profonda ma delicata.
Scopri qui SOFA, il produttore del tè verde.
Se i tuoi capelli sono sfibrati, crespi e indisciplinati, la linea a base di karité e mandorle è pensata apposta per te: nutre il capello in profondità e aiuta a recuperare spessore ed elasticità.
Il burro di karité e l’olio di mandorle dolci nutrono i capelli danneggiati dalla salsedine e dal sole, mentre gli estratti naturali, con le loro proprietà antiossidanti, li proteggono dai danni causati dai raggi UV.
Scopri di più su Karethic, il produttore di burro di Karité in Benin.
In conclusione, qualunque sia la tipologia del proprio capello è importante conoscerla e prendersene cura nel modo giusto. Per questo motivo, ecco qui una tabella facile da interpretare, riassuntiva di ciò che abbiamo detto in questo articolo:
Non sarò mai abbastanza cinico
da smettere di credere
che il mondo possa essere
migliore di com’è
Ma non sarò neanche tanto stupido
da credere che il mondo possa crescere
se non parto da meBrunori Sas, “Il costume da Torero”
La sostenibilità è un processo, un’operazione continua, un impegno costante nel chiedersi:
Queste domande implicano una ricerca che non si esaurisce e un mettersi in discussione costante, perché a problemi complessi non si possono dare risposte semplici.
Cercheremo di parlare di sostenibilità attraverso la quotidianità, ma con l’obiettivo anche di capire come le nostre azioni quotidiane si integrano e si relazionano con le questioni più discusse quando si parla di crisi climatica, giustizia ambientale, biodiversità.
Molto spesso accade di non rendersi conto che un’azione da sola non basta e mentre si pensa di fare del bene, in realtà non si sta avendo un reale impatto o non si sta centrando il punto.
La sostenibilità è un gioco di squadra:
È facile urlare alla sostenibilità, è un po’ meno facile praticarla davvero.
Le risposte semplici, che offrono una soluzione definitiva ai problemi, tendono ad essere parziali, fallaci, a volte poco rilevanti se vogliamo davvero cambiare le cose.
Qui di seguito abbiamo elencato alcune buone pratiche, che però non vanno generalizzate per i motivi che abbiamo scritto sopra. Sono pratiche che è bene integrare, sulle quali è utile essere informati e consapevoli.
La plastica è diventata il simbolo della lotta per la giustizia ambientale e climatica e oggi la necessità di ridurne la diffusione è urgente: il riciclo è una soluzione troppo lenta, non sufficiente se presa da sola.
Si stima che la produzione di plastica sia aumentata di 20 volte rispetto agli anni Sessanta: i dati (aggiornati al 2018) ci dicono che si aggira intorno ai 350 milioni di tonnellate e che nei prossimi 20 anni raddoppierà.
L’uso principale della plastica è per gli imballaggi (circa il 26% del volume totale prodotto) e l’impatto ambientale di questo materiale è enorme: circa il 90% della plastica viene da materie prime fossili vergini, per produrla si consuma circa il 6% del petrolio venduto globalmente.
Quando la plastica si degrada si rompe in particelle, note come microplastiche: si tratta di minuscoli pezzi di plastica che, una volta dispersi nell’ambiente, sono irrecuperabili.
Per alcuni consigli su come ridurre l’utilizzo di plastica nelle nostre vite quotidiane, vi rimandiamo ai contenuti che abbiamo pubblicato per il Plastic Free July, quando le nostre ragazze in Servizio Civile, Eva, Sara e Sofia, hanno raccolto alcune alternative e ce le hanno spiegate. Trovate tutto a questo link.
Va tenuto presente però anche che ci sono dei casi nei quali sarebbe peggio (ad esempio per la nostra salute) rimuoverla, o comunque non avrebbe un reale impatto sull’ambiente. Condannare la plastica è utile se ci si concentra su azioni che siano qualitativamente e quantitativamente efficaci: non bisogna solo fare qualcosa, bisogna farlo bene.
Vi facciamo anche un esempio: è una buona abitudine (e sta andando anche molto di moda) utilizzare cosmetici solidi, che non hanno il packaging in plastica. Tuttavia, sarà capitato a tutti, non sempre uno shampoo solido è efficace nel lavaggio alla pari di uno shampoo liquido. Magari secca il capello, non ci lascia una sensazione di pulito e così ci “obbliga” a lavarci i capelli più spesso.
I cosmetici solidi hanno anche un altro vantaggio: pesano meno (perché non contengono acqua) e per trasportarli si emette meno CO2. Ma quando si fa la doccia ci sono anche altri fattori che hanno un impatto ambientale negativo non trascurabile (più impattanti rispetto all’utilizzo o meno di un flacone in plastica): quanta acqua utilizziamo, dunque la durata della doccia; quanta energia utilizziamo per scaldare l’acqua, e dunque a che temperatura ci laviamo; se l’energia che utilizziamo è da fonti rinnovabili o no; e va da sé che incide anche quanto spesso facciamo la doccia.
Da un recente articolo di Altroconsumo è emerso proprio questo, e cioè che utilizzare un cosmetico solido è una buona pratica solo se soddisfa anche altre condizioni:
Attualmente il modello energetico prevalente è quello dei combustibili fossili, che oltre a non essere sostenibile da un punto di vista ambientale, è causa di forti disuguaglianze socio-economiche.
I combustibili fossili (i più noti fra tutti il petrolio e il carbone) sono la principale causa della crisi climatica. Oltretutto, queste fonti non sono rinnovabili e scarseggiano sempre di più, con conseguente aumento dei costi, sia per l’estrazione che per la commercializzazione e l’utilizzo.
Si tratta di un settore industriale molto redditizio, al quale le grandi aziende continuano a strizzare l’occhio, affascinate dalla possibilità di enormi guadagni. Ma aspettare ancora tanto per ridurre l’uso dei combustibili fossili significa perdere l’ultima possibilità di assicurarci un futuro vivibile.
Il rapporto del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (Ipcc) afferma che le emissioni di anidride carbonica devono essere almeno dimezzate entro il 2030, cosa che sembra non stia accadendo.
Si parla sempre di più della necessità di una transizione ecologica verso fonti rinnovabili ed energia pulita (solare, eolica, idroelettrica), per ridurre le emissioni di gas climalteranti.
In Italia devono essere installati entro il 2030 abbastanza impianti, tra fotovoltaico ed eolico, da poter fornire almeno 70 GigaWatt di potenza energetica.
Sui benefici, le difficoltà e le possibili soluzioni del fotovoltaico in Italia vi segnaliamo un articolo di Ilaria Sesana, sul numero di maggio della rivista Altreconomia.
Sesana ci offre una panoramica molto chiara nella quale coesistono fattori e problematiche diversi:
Il settore del cibo è responsabile di circa il 30-35% delle emissioni di gas serra da parte dell’uomo, questo implica che la nostra impronta carbonica individuale è largamente legata alle nostre abitudini alimentari.
L’impronta carbonica è il parametro che viene utilizzato per stimare le emissioni gas serra (principale causa del cambiamento climatico) ed è un calcolo che si può fare anche sul singolo individuo. L’emissione di gas climalteranti può essere consapevole oppure no, e dipende dalle nostre abitudini e dai nostri stili di vita.
Quando parliamo di alimentazione infatti dobbiamo pensare anche a tutte le attività e i servizi che riguardano la produzione e la distribuzione del cibo: il consumo del suolo, la produzione agricola, il trasporto, la trasformazione dei prodotti, il mantenimento degli allevamenti, … .
Un aspetto molto importante è quello del “livello trofico” di un alimento, che, detto con una semplificazione, corrisponde alla posizione nella catena alimentare: maggiore è il livello trofico di un alimento (ad esempio, un animale che si ciba di altri animali avrà un livello trofico più alto rispetto ad una pianta), maggiore è la sua impronta di carbonio.
La conseguenza più chiara è che una dieta è tanto più sostenibile quanto più si basa sul consumo di prodotti vegetali. Questo non implica necessariamente un vegetarianesimo o un veganesimo radicale, è sufficiente cambiare le proporzioni, cioè mangiare meno carne e pesce, e fare attenzione alle condizioni di produzione del cibo (come ad esempio, preferire la pesca sostenibile, a basso impatto climalterante ed evitare la carne proveniente da allevamenti intensivi).
Uno studio del Politecnico di Milano ha provato a proporre diete a basso impatto, valutando per ogni ingrediente sia le sue proprietà nutritive che la disponibilità di quell’alimento nel territorio, tenendo però conto anche dell’importanza culturale del cibo, soprattutto in una tradizione come quella italiana.
Potete trovare l’articolo intero sulla rivista Altreconomia, a questo link.
Stiamo per dirvi una cosa che sicuramente alcuni di voi già sapranno, ma allo stesso tempo è probabile che alcuni e alcune di voi siano invece incappati in un’ambiguità molto diffusa.
Quando sentiamo dire che “le api sono in pericolo” è vero, però la parola “ape” viene utilizzata per indicare sia tutte le specie di api selvatiche (che sono più di 20mila specie diverse e molto diversificate tra loro), sia per indicare l’ape mellifera, la specie da noi più conosciuta: cioè quella che produce il miele.
L’ape mellifera è quella “domestica”, che l’uomo ha imparato ad allevare per avere il miele, e non è in pericolo, non è in calo demografico: si tratta dell’unica specie la cui popolazione è in crescita.
Le migliaia di specie selvatiche di api invece sono estremamente in pericolo, perché non sono protette dall’uomo e, anzi, vengono messe a rischio dall’azione umana sugli habitat naturali.
È la grande varietà di specie di insetti impollinatori, tra cui le api selvatiche, che aiuta a preservare la biodiversità.
Quindi, adottare un alveare e comprare il miele da un produttore locale aiuta i piccoli apicoltori, e li supporta nella loro attività e nella gestione di eventuali problematiche (come ad esempio le malattie che affliggono le api). E questo va benissimo, perché il supporto ai produttori locali è una questione socio-economica molto importante.
Ma per salvare le api selvatiche, che sono a rischio di estinzione, le azioni più efficaci sono altre, ad esempio:
Qui potete trovare un video molto interessante che affronta la questione (nella didascalia sono citate anche le fonti utilizzate). Se vogliamo agire efficacemente sul problema, dobbiamo prima aver chiaro di cosa stiamo parlando.
Questo articolo sarà in continuo aggiornamento e cercheremo di darvi sempre degli strumenti utili e chiari per capire.
Se ci sono errori, ci correggeremo; se ci saranno nuove considerazioni, aggiorneremo; se avete segnalazioni o anche solo voglia di discuterne con noi, ne saremmo felici e lo riterremmo un arricchimento.