Natyr ha una linea tutta in formato solido, con packaging plastic free!
Si aggiunge alla linea Soap For The Planet, che già conoscete! Ma questa è nuova, e presenta prodotti diversi per la nostra beauty routine!
I cosmetici solidi Natyr sono formulati con oli e burri naturali ed hanno un pH molto simile a quello di cute e capelli: il detergente viso solido ha il pH a 4.5 ed è testato anche per le pelli sensibili, i due shampoo invece solo leggermente più acidi, pH 4.0, in modo da evitare l’effetto crespo.
Uno shampoo solido Natyr pesa 55gr, che corrispondono a circa 300 ml di liquido. Il balsamo solido ha un peso di 50gr, che corrispondono a circa 200ml.
Ad ogni lavaggio ne occorrono circa 1.5/2 gr a seconda della lunghezza del capello.
Come si usano?
I prodotti solidi vanno passati direttamente sul capello inumidito oppure strofinati tra le mani per farli schiumare e successivamente distribuiti lungo i capelli dalla radice alle punte.
Argilla naturale tipica delle tradizioni di bellezza del mondo arabo dove è utilizzata negli Hamman per la detersione del corpo e soprattutto per un trattamento purificante dei capelli: penetra in modo delicato purificando i capelli senza seccarli ma rendendoli più leggeri e luminosi.
È una cera liquida ricca di vitamine (A, B1, B2, E) che le permettono di avere numerose proprietà cosmetiche. Grazie alla sua particolare struttura, penetra nei follicoli piliferi idratando in profondità, rafforzando i capelli alla radice, nutrendo le fibre capillari e attivando un’azione riequilibrante.
Detergente viso pelli sensibili karitè e ibisco: rimuove le impurità in modo delicato grazie alla morbidezza del burro di karité. L’estratto naturale di ibisco rilascia attivi riequilibranti per il derma.
Grazie al karité e al cacao offre un’azione nutriente con un’applicazione minima di prodotto. E’ arricchito con due oli naturali: l’olio di baobab, che rilascia preziosi attivi antiossidanti ed elasticizzanti utili per compattare la pelle di viso e corpo, e l’olio di cocco che la rende morbida e setosa. Texture piacevole da massaggiare e profumo delicato.
Dimezza il peso di una crema tradizionale equivalente: 40 gr equivalgono a 100 ml di una crema multifunzione equivalente.
Coltivati nel rispetto delle persone e dell’ambiente, in zone che si sono riscattate da storie di colonialismo e sfruttamento.
Tè verde, tè nero, aromatizzati, sfusi, in bustine: la scelta è davvero vasta, ma il fil rouge è, come sempre, il rispetto dei diritti.
SOFA riunisce piccoli contadini: il fatto che siano essi stessi a possedere la terra e ad associarsi è una novità importante per lo Sri Lanka, dove la coltivazione di tè è basata sul modello della grande piantagione sin dai tempi del colonialismo.
I tè di SOFA sono confezionati in scatoline fatte di foglie di palma intrecciate, lavorate artigianalmente da gruppi di donne della stessa associazione.
Di lavorazione, confezionamento ed esportazione si occupa BioFoods, compagnia di Commercio Equo tra i leader in agricoltura biologica.
SOFA e BioFoods, insieme, sostengono i contadini associati con programmi welfare, per lo sviluppo delle comunità contadine e la tutela dell’ambiente.
Ambootia deriva dalla parola tibetana lepcha “Am-butia” che significa “boschetto di mango”.
Ambootia è una piantagione creata dagli inglesi nel 1861, durante gli anni del colonialismo: oggi il modello della piantagione è una realtà ecologica, autonoma, responsabile e rispettosa di ambiente e lavoratori.
Dal 1994 ha iniziato a coltivare biologicamente e ha ottenuto la certificazione fairtrade.
Ambootia fa parte dell’organizzazione “Darjeeling Organic Tea Estates Private Limited” (DOTEPL), fondata sui principi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
I profitti generati dal commercio fairtrade sono utilizzati sulla base di una decisione comune dei rappresentanti dei lavoratori e le aree di impiego sono ambiente (per coltivazioni sempre più sostenibili ed efficaci), la comunità (e l’istruzione) e la salute (cure, ospedali).
Nasce come progetto di micro-imprenditorialità dal basso, e lavora per la tutela dei lavoratori e lo sviluppo della comunità.
Il comitato PTWWC nasce nel 2007 in India, nella regione del Darjeeling, quando alcuni contadini decidono di riunirsi per diventare proprietari delle terre su cui coltivavano il tè.
Il Darjeeling è conosciuto in tutto il mondo per la produzione di tè di ottima qualità, ma spesso queste coltivazioni sono intensive e controllate da grandi compagnie private.
L’impresa di Potong è di grande innovazione sul territorio, perché prevede uguali diritti per tutti e maggiore partecipazione.
PTWWC è anche sostenuto da TPI (Tea Promoters of India), che si occupa di lavorare il tè ed esportarlo secondo i principi del Commercio Equo.
La filiera tradizionale del caffè è caratterizzata da sfruttamento e vulnerabilità dei produttori, gravi conseguenze sull’ecosistema e sulle coltivazioni dovute alla crisi climatica e da un’alta volatilità del mercato (il prezzo del caffè, infatti, è quotato in borsa).
Ma quanto ne sappiamo di questa pianta così delicata e preziosa?
Vediamo insieme qualche concetto chiave, che ci aiuta a capire quanto sia importante e necessario oggi scegliere il caffè del Commercio Equo e Solidale.
La pianta del caffè è un arbusto del quale esistono più di 100 specie differenti: le due più note e importanti per l’uomo sono la Robusta e l’Arabica.
Il frutto è detto “drupa” o “ciliegia” e, una volta maturo, si presenta come una bacca rossa lucida che contiene i due semi di caffè.
Il caffè viene prodotto in una zona di mondo che è chiamata “coffee belt”, ovvero “la cintura del caffè”. Le aree e le altitudini che ne permettono la coltivazione infatti sono abbastanza ristrette.
La coffee belt comprende tre continenti: America, Africa e Asia. In queste tre diverse zone del mondo le condizioni di crescita del caffè sono simili, ma ciò che cambia è l’aroma, a seconda del clima, della quantità di acqua, dell’altitudine e della tipologia di suolo.
La pianta di caffè è molto delicata e per essere coltivata, soprattutto le varietà più pregiate che crescono in altura, ha bisogno di un clima molto particolare.
Con la crisi climatica emergono nuovi parassiti e malattie, e le specie di caffè selvatico, che forniscono una grande risorsa genetica per i coltivatori, rischiano di estinguersi entro il 2080.
Lo squilibrio climatico stravolge i cicli di pioggia durante l’anno e influisce fortemente sui periodi di fioritura e sullo sviluppo delle piante: senza un’azione adeguata a ridurre le emissioni di CO2, entro il 2050 l’area globale adatta alla coltivazione del caffè si ridurrà del 50%.
Il mercato del caffè è pieno di interessi.
Il prezzo del caffè viene quotato in borsa ed è tra le materie prime più in movimento nel mercato. Il risultato è un prezzo fortemente oscillante e molte speculazioni finanziarie.
Gli effetti dei giochi di mercato si riversano sui piccoli produttori: circa 20 milioni di persone vivono in zone rurali o di montagna e il loro sostentamento dipende dalla coltivazione del caffè.
Il loro potere contrattuale è molto basso di fronte agli intermediari, che si recano sul posto e offrono ai produttori un prezzo basso, ma con pagamento diretto. Di fronte a questa proposta, chi vive in condizioni di estrema insicurezza economica, accetta di avere liquidità pur dovendo accettare guadagni molto bassi.
Gli intermediari poi vendono il caffè e società di trading internazionale, tramite le quali arriva poi ai marchi di caffè che si trovano comunemente sul mercato.
Nel mercato tradizionale, quella del caffè è una filiera molto lunga e molto opaca, della quale si conoscono poche informazioni e si perde facilmente il nesso.
I piccoli produttori sono i soggetti più vulnerabili e più esposti alla volatilità del mercato e al cambiamento climatico: il caffè perde o cambia il suo tipico aroma, i prezzi aumentano, il ciclo biennale di produzione delle piantagioni viene alterato e i volumi prodotti diminuiscono drasticamente.
In questo mondo così complesso e macchiato di ingiustizie l’alternativa più valida è quella del Commercio Equo, che acquista caffè proveniente da cooperative con le quali si mantiene un rapporto continuativo e senza intermediari.
Ma il caffè equosolidale è buono anche perché:
Il prezzo pagato ai produttori non scende mai sotto un minimo prestabilito, ma se la borsa sale, la retribuzione sale con essa.
Oltre alla retribuzione fissa, ci sono dei finanziamenti aggiuntivi: la Cooperativa può investire un premio FairTrade per l’impegno sociale e il miglioramento delle condizioni di vita, soprattutto nelle zone rurali isolate.
Se vuoi scoprire qualcosa di più sui produttori di caffè del Commercio Equo e Solidale, clicca qui!
“Non date soldi, ma offrite educazione” è il motto di Undugu Society, produttore di pietra saponaria.
La pietra saponaria, il cui nome tecnico è “steatite”, è una roccia composta principalmente da talco: per questo motivo è facilmente lavorabile, mentre gli altri minerali che la compongono ne garantiscono la compattezza e la durabilità.
Il Kenya è la maggiore riserva mondiale di Pietra Saponaria, che infatti è conosciuta anche con il nome di “Pietra di Kisii”, dal nome della città di Kisii, dove si concentra in grandi quantità.
Tutta la lavorazione della pietra saponaria è manuale: la pietra viene estratta dalle cave e subito bagnata per renderla morbida e lavorabile.
Una volta asciutta, è il momento della rifinitura, che viene fatta a graffito (ovvero ad incisione) o a cera, per esaltare in questo modo le venature e i colori naturali (che solitamente vanno dall’avorio, al grigio-verde, al rosa o al marrone). La pietra saponaria è anche facilmente colorabile, per questo motivo è possibile trovarla spesso con disegni o multicolor.
La pietra saponaria è resistente al fuoco e non si deteriora a contatto con le alte temperature, per questo motivo può essere impiegata anche nella produzione di stufe.
In bottega si possono trovare molti manufatti in pietra saponaria, principalmente artigianato rivolto alla regalistica o alle occasioni: è infatti richiestissima per le bomboniere!
I due principali produttori della pietra saponaria che trovate nelle botteghe sono Undugu Society e Smolart, entrambe organizzazioni kenyote.
Undugu Society è una ONG nata in Kenya e attiva dagli anni Settanta, che nel 2010 ha formato la Undugu FairTrade Limited: un’unità di Commercio Equo per garantire un rapporto continuativo con il mercato internazionale.
Lo scopo principale di Undugu è assistere i bambini e le famiglie delle zone rurali e delle baraccopoli di Nairobi, in Kenya, e migliorare le loro condizioni di vita. L’artigianato commerciato equamente, è una soluzione che offre un reddito dignitoso ai genitori garantisce in questo modo la scolarizzazione a molti bambini.
Smolart Self Help Group nasce nel 1993 su iniziativa di un gruppo di artisti di Tabaka, un villaggio a 400 km da Nairobi, nella regione del Kisii, conosciuta per essere ricca di cave di pietra saponaria.
Nel 1994 Smolart viene registrata come membro WFTO (associazione internazionale di Commercio Equo), oggi conta 200 associati di cui il 60% donne e attraverso i canali del Commercio Equo riesce ad esportare e vendere l’80% della propria produzione.
Simile nella forma ad una cooperativa‚ destina gli utili a migliorare le condizioni sanitarie e favorire l’istruzione.